JOYEUX NOEL - UNA VERITA' DIMENTICATA DALLA STORIA
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Alla vigilia di Natale del 1914 soldati francesi, scozzesi e tedeschi interrompono le ostilità per qualche ora e brindano tutti insieme.
.1914: la prima guerra mondiale è iniziata da pochi mesi e generali e regnanti francesi e tedeschi che si combattono sono certi di venire a capo della contesa in pochi mesi. Nel nord della Francia, in un lembo di terra apparentemente insignificante, si lotta trincea per trincea; a dar manforte ai francesi una squadra di scozzesi tenuta insieme da un parroco anglicano preoccupato per le sue anime e in grado di scaldare gli animi con la cornamusa e i canti popolari. Nella trincea tedesca langue un cantante d’opera, che sente la lontananza della sua donna danese con cui condivideva le scene. E fra i francesi il tenente Audebert soffre pensando alla famiglia e alla vita che deve nascere dal grembo della moglie, mentre il confronto con il padre generale pesa non poco. Vite di persone semplici, che combattono una guerra che non sentono loro e sognano di tornare a casa. E che in un’indimenticabile vigilia di Natale vivranno episodi straordinari. Le canzoni rilanciate da una trincea all’altra –dalle semplici ballate scozzesi a Stille Nacht o Adeste Fideles – vengono applaudite da nemici che pian piano si sentono sempre meno nemici, fino a solidarizzare e simpatizzare saltando i rispettivi fossati, e partecipare alla più incredibile Messa di Natale mai vista. E non è finita… L’importante è che non lo sappiano i rispettivi vertici militari. Anche perché prima o poi bisognerà tornare a combattere, a uccidersi…
Meglio non svelare troppo di questo film sorprendente e incantevolmente anacronistico (com’erano demodè "Le Choristes" e "La rosa bianca"), diretto da Christian Carion (anche sceneggiatore) che, al suo secondo film dopo “Una rondine fa primavera”, riesce a farsi affidare una grossa produzione (visibile nell’impatto spettacolare nelle battaglie con grandi scene di massa) franco-tedesco-britannica sostenuta dalla nippo-americana Sony Pictures. Un progetto cui teneva da tempo e capace di far tremare alle vene e i polsi a un veterano: un episodio vero della Grande Guerra (o meglio, un collage di episodi veri, raccontati dello storico Yves Buffetaut in “Batailles de Flandres e d’Artois 1914-1918”, ma anche da Michael Jurgs in “La piccola pace nella Grande Guerra”, Il Saggiatore). Che narra appunto di straordinari episodi di fraternizzazione tra soldati nemici nell’inverno del 1914, quando gli animi non si erano ancora abituati a un conflitto nuovo per ferocia e coinvolgimento di popoli (vedere l’inizio agghiacciante, con bambini dei tre stati coinvolti che – nelle rispettive lingue – recitano poesie sanguinarie e disumane).
E se più volte vien da pensare al fatto, terribile, che a quei soldati e quei popoli mancano ancora anni di sofferenza prima della fine dell’infernale carneficina, non si può non rimanere ammirati per aver riesumato fatti dimenticati che al cinismo contemporaneo paiono impossibili o inventati.
Aiutato da un cast composto da attori dei tre paesi che rispetta facce e storie (tra i tanti, è difficile riconoscere nel tenente tedesco Horstmayer il bravo Daniel Bruhl (tanto è ben truccato, con aria decisa, occhio gelido e barba scura), già protagonista del bellissimo "Goodbye, Lenin!", Carion tiene a bada con ammirevole sobrietà il costante rischio di deriva retorica, inevitabile in casi simili. “Joyeux Noel” può legittimamente ricordare per ambientazione sia “Orizzonti di gloria”, capolavoro di Stanley Kubrick (tra i più bei film antimilitaristi della storia, a parere di chi scrive) proprio su un episodio che contrappose francesi e tedeschi nella Grande Guerra, che “Una lunga domenica di passione” di Jean-Pierre Jeunet. E se a Carion, ancora acerbo (l’impaginazione visiva della pellicola è corretta, suggestiva per ambienti e accompagnamento sonoro, ma mai sorprendente per composizione della messa in scena), manca la genialità di Kubrick e il talento visivo del connazionale Jeunet (cui nuoce però un fondo di cinismo e negatività sull’animo umano, per quanto riscattato dalla sua eroina con una certezza indomabile nell’amore per il suo uomo), a lui non difettano le doti di narratore un po’ d’antan. Ne deriva un gusto per la descrizione dei personaggi, per i piccoli aneddoti e dettagli che sembrano solo di colore ma che risultano poi decisivi (come la sveglia che usa l’attendente francese per ricordarsi l’ora in cui prendeva a casa il caffé con la madre). Soprattutto ci mostra uomini che prendono decisioni coraggiose in forza di una fede che (con l’eccezione di un gretto vescovo anglicano) li unisce e non divide. In un film che, miracolosamente, ricorda che solo le dimenticate e vilipese radici della vecchia Europa possono unire i cuori di persone che dovrebbero odiarsi. Radici cristiane, con buona pace di tutti.
Antonio Autieri
TRAILER ORIGINALE
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