...nihil humani a me alienum puto

VISITA GUIDATA AL PALAZZO DI MAREDOLCE (a cura di Filippo La Porta)

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Maredolce era l’incanto di Palermo, luogo di delizia degli emiri

e dei re normanni...

Proponiamo la riscoperta di questo luogo  unico dove attraverso l’architettura islamica ci viene raccontata  una storia incredibile, pervasa dal desiderio della bellezza.


Vedute del Palazzo di Maredolce



Il Palazzo (denominato anche Castello) di Maredolce o della Favara, oggi quasi nascosto alla vista dei passanti da costruzioni abusive, si trova al vicolo Castellaccio prospiciente piazza dei Signori a Brancaccio.

Prese il nome dal parco della Favara (in arabo Fawarah significa "risorgiva") che si estendeva dal monte Grifone fino al mare, mentre il nome Maredolce si riferisce al piccolo mare di acqua dolce che circondava il castello su tre lati.

Resta imprecisabile l'epoca di fondazione; alcuni studiosi tendono ad attribuirla all'Emiro Kalbita Giafar (997/1019), ritenendo anche che sia stato costruito su una costruzione preesistente. Altri studiosi ritengono che la costruzione sia di periodo normanno; altri ancora suppongono che il castello sia di epoca araba, il laghetto di epoca normanna. Il Basile sostiene addirittura che i sollazzi siano stati due: quello di Maredolce e quello della Favara e che uno dei due sia stato distrutto durante la guerra del Vespro.

Nel 1071 il palazzo  venne occupato dal normanno Conte Ruggero e divenne uno dei "solatii regii" che sorgevano nell'ampio parco che circondava la città e che gli arabi avevano reso luogo di delizie con la loro raffinata sapienza nella pratica irrigua, utilizzando la ricca falda acquifera della pianura con un complesso sistema di pozzi e di canaletti.

Nel 1328 Federico II d'Aragona con un atto lo cedette ai Cavalieri Teutonici della Magione insieme al territorio dìiMaredolce.

Intorno al XV sec. passa alla famiglia Bologna che ne è proprietaria per circa un secolo.

Nel XVII sec diviene proprietario il Duca Francesco Agraz. La famiglia Agraz lo riduce in tale stato di abbandono da fargli attribuire il nome di "Castellaccio" e, in seguito, viene addirittura in parte utilizzato come ricovero di animali.

Il Palazzo della Favara o Maredolce rientra nel quadro dell'arte siciliana, si presenta con elementi propri in quanto, pur conservando elementi dell'arte bizantina e araba, acquista anche le caratteristiche costruttive preesistenti in Sicilia.

Il palazzo è a pianta rettangolare con una rientranza nell'angolo est; la fronte non presenta tutta la stessa altezza.Esso era bagnato su tre lati dalle acque del lago, ciò è testimoniato dalla mancanza di intonaco idraulico rosso sul lato che oggi da sulla stradella, intonaco che invece si trova sui rimanenti tre lati.

La costruzione poggia su dei grossi conci di tufo.


Sulla fronte nord-ovest si aprivano quattro ingressi:


Il primo ingresso, oggi tompagnato, portava probabilmente alle scuderie e a zone riservate alla servitù.


Il secondo ingresso che è il più grande immette in un cortiletto oblungo che si allarga in un ampio cortile su cui si apriva un portico di forma quadrata.

E questa la parte del Palazzo più "sconvolta" dalle numerose costruzioni abusive che hanno nascosto o distrutto molte tracce.


Il terzo ingresso portava alla cappella dedicata a San Filippo.

L'ambiente scelto per la cappella prima era probabilmente la moschea dell'Emiro; infatti durante gli scavi e seguiti nel 1951, nelle vicinanze sono stati ritrovati frammenti di stoviglie in argilla tipicamente arabi.

Il piccolo luogo di culto è a pianta rettangolare ad unica navata coperta da due volte a crociera, divise dal presbiterio da un arco a sesto acuto.

Al centro del presbiterio si innalza il tamburo che inizia a forma quadrata, diventa un ottagono e termina a forma cilindrica coperto da una piccola cupola che all'esterno si presenta coronata da una piccola serie di mensole poste nella parte alta a simboleggiare l'appartenenza ad un palazzo reale.

In fondo al presbiterio si trova l'abside illuminato da una finestra e affiancato da due nicchie molto strette.

Sulla parete di destra della navata si apre una nicchia di forma rettangolare probabilmente utilizzata per conservare le suppellettili sacre.

Sulla parete di sinistra si aprono quattro finestre che danno luce alla navata.

Sulla parete di fronte all'abside si nota un'apertura, oggi tompagnata, che immetteva in un ambiente delle stesse dimensioni della cappella.

Il pavimento, sullo stesso livello del piano esterno, era ricoperto da un semplice battuto di malta e coccio pesto.


Il quarto ingresso si trova sulla facciata nord-ovest e conduce nell'ambiente annesso alla cappella: l'aula regia, che è stata divisa in due da un soppalco, la parte sovrastante nasconde la nicchia con la volta plissettata, alla "persiana", ornata con delle nervature.


Gli altri ambienti, spesso ricoperti da costruzioni abusive, stanno venendo alla luce con il restauro attuale e gli studi su di essi sono ancora in corso.

Nella parte sud-ovest si trovano due finestre bifore probabilmente divise da una colonna. Sul lato sud un ponte levatoio collegava il castello all'isolotto ed era possibile l'attracco per le piccole imbarcazioni sul lago.

Sempre su questo lato si trovano delle feritoie strombate riconducibili al periodo in cui il castello è di proprietà dei cavalieri Teutonici assume una funzione difensiva.

Nel lato nord-ovest si trovano delle finestre con ghiera acuta.


Nel 1992-93, durante il restauro, è stata effettuata indagine archeologica della cappella e di una larga trincea (2 m) presso la diga che chiude a Nord-Est la depressione del lago artificiale. Proprio qui si è evidenziato non solo lo strato limoso relativo all'uso lacustre del bacino, ma anche uno stato di insabbiamento di terreno giallastro alluvionale, fino agli strati di interramento artificiale per uso agricolo, nei quali è stato possibile perfino leggere le fosse praticate per rimpianto di colture arboree.

E' venuto cosi alla luce il tondo del lago pavimentato a cocciopesto come il rivestimento delle strutture murarie; il tondo presenta una inclinazione di circa 20 gradi rispetto al piano normale della struttura, in modo da smorzare la forza delle acque provenienti da Monte Grifone a Sud-Ovest.

Nello strato relativo all'insabbiamento con terreno giallastro alluvionale si sono recuperati alcuni esemplari di formae e cantarelli che, insieme a pochi ma significativi materiali utili per stabilire una cronologia testimoniano la trasformazione di quello che era stato nei secoli XII e Xlll un luogo dìidelizie in un'area a prevalente funzione agricola-industriale.

Le formae e i cantarelli erano contenitori di terracotta utilizzati per la lavorazione dello zucchero: l'esistenza di coltivazioni di canna da zucchero e di un piccolo stabilimento industriale (un trappeto) per la lavorazione della preziosa sostanza a Maredolce è confermata anche da numerose fonti archivistiche.

Il restauro del complesso, avviato nel 1990, ha interessato in un primo momento solo la cappella e per alcuni anni ha avuto rallentamenti e perfino periodi in cui è stato del tutto fermo.

Nel corso degli ultimi due anni è stato reso quasi del tutto esecutivo l'esproprio delle numerose costruzioni abusive che si addossano o circondano il castello e i lavori sono ripresi a pieno ritmo.

Il progetto ambizioso prevede, oltre il restauro, anche il ripristino del lago e la creazione di un parco in modo tale che il complesso possa avere degna collocazione dal punto di vista artistico monumentale e possa costituire un' occasione di riscatto culturale ed economico per il quartiere e per tutta la città.


 

Fonte: www.palermoweb.com

 

Pianta del Palazzo di Maredolce






Come si arriva...






Visita guidata

a cura di Filippo La Porta





Filippo La Porta


Ho 56 anni, sposato e con tre figli: 1 maschio e 2 femmine sono nato a Mistretta , un paese di montagna nella provincia di Messina, ma in realtà più vicino a Palermo città nella quale vivo felicemente da 50 anni.

Da qualche anno collaboro felicemente con gli amici del Centro Culturale "Il Sentiero" con i quali condivido l’amicizia e la vita.

SONO: appassionato di storia, con particolare riferimento alla storia della Sicilia, e alla storia dell’arte, svolgo il lavoro di guida turistica,  che più di un lavoro è una passione, da più di dieci anni.

ALLO SPECCHIO: solo la mattina, di sfuggita, per sistemarmi i capelli ed i baffi.

MANGIO: anche se non si direbbe non sono una buona forchetta, amo mangiare solo cose semplici della mia terra e poco elaborate e non mi piace sperimentare sapori  nuovi.

BEVO: poco vino a tavola

AMO: intrattenermi con gli amici, raccontare aneddoti e piccole storie di vita passata, ricordi di infanzia…  da qualche anno ho iniziato a scriverli ed hanno preso forma dei racconti come “Raccontando l’umano”.

NON AMOvedere le cose storte.

LEGGO: moltissimo soprattutto libri e saggi  storici, amo Pirandello, Sciascia, Bufalino e …. Guareschi, adoro le storie su Don Camillo e Peppone.

GUARDO: la televisione, deve esserci sempre come sottofondo e  mi piace vedere programmi che parlano di arte … in particolare quelli di Philippe Daverio.

DESIDERO: che i miei figli e mia moglie possano essere sempre sereni, con me non è semplice ma comunque!

SE POTESSI AVERE: una libreria enorme dove poter sistemare tutti i miei libri e di più.

SE FOSSI UN PAESE DEL MONDO: Roma, il centro della cristianità.

SE VINCESSI AL SUPER ENALOTTO: vedi se potessi avere.

DICONO DI MEche sono un brontolone, questo lo dicono i miei familiari, ma chi mi conosce lo penserebbe mai?


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