...nihil humani a me alienum puto

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Christopher Tollefsen

Docente di Filosofia Morale all'Università del South Carolina
Christopher Tollefsen

Christopher Tollefsen vive a Columbia, nel South Carolina. Attualmente è professore ordinario di filosofia morale nel South Carolina University e Visiting Fellow  James Madison Program Princeton University.  Ha realizzato numerose pubblicazioni di tema bioetico su diverse riviste di scienza e filosofia americane ed europee. Inoltre è autore dei volumi "Ricerche Biomediche e oltre" e "Embryo, una difesa della vita umana" volume dalle tesi antiabortiste e pro life realizzato insieme al professor Robert P. George.

Fonte: www.ilsussidiario.net




Prof. Christopher Tollefsen
Dott. Giuseppe Lupo
(moderatore)



Prof. Tollefesen
Dott.ssa
Maria Marino
(Interprete)




Aula Circolare
Facoltà di Giurisprudenza di Palermo


IL FONDAMENTO NATURALE DEL MATRIMONIO

Intervento del prof. Tollefsen:


Discuteremo di una concezione particolare di matrimonio e mi concentrerò su alcuni aspetti principali: qual è la natura del matrimonio e perchè esso è un bene ed è desiderabile.

Cercheremo di capire perchè e come il matrimonio è importante per la nostra cultura ed anche per la comprensione delle norme tradizionali che regolano l'etica sessuale. Dedicherò un breve spazio a queste norme, e poi spiegherò meglio la natura del matrimonio.

Queste norme - che includono la permanenza e l'esclusività del matrimonio, la castità prematrimoniale, e la visione tradizionale della contraccezione- queste norme, dicevo, sono collegate all'etica sessuale, e possono essere pienamente comprese solo attraverso un'indagine sulla natura e sul valore del matrimonio.

Nonostante vi siano pensieri discordanti circa la natura del matrimonio, ritengo che sia largamente condivisa l'affermazione che il matrimonio è un bene; anche coloro che propongono nuove concezioni di matrimonio, lo fanno perchè ritengono che l'istituzione in sé sia un qualcosa di buono ed importante.

C'è un modo di intendere questo bene: esso corrisponderebbe al bene di provvedere ad un ambiente stabile e sicuro per la procreazione e l'educazione dei figli. E ciò ovviamente è importante anche per la stabilità della società intera. Dunque, il bene del matrimonio, secondo questa concezione, sta nel fatto che l'unione degli sposi rende possibile qualcosa di socialmente importante.

Un secondo modo di concepire il matrimonio, vede l'unione degli sposi come un tipo particolare di amicizia di cui l'espressione sessuale è un' importante componente. La prole non è essenziale secondo tale concezione, e neanche la complementarità dei sessi. Addirittura, seguendo la visione più minimale, il legame d'amicizia può anche essere piuttosto sottile – una mera partnership, unita al piacere sessuale.

La prima concezione ha un vantaggio: ci dice perchè il matrimonio debba essere considerato socialmente rilevante. Ma ha anche un punto debole, dato dal fatto che poche persone riflettono sulle ragioni che per cui sposarsi, in particolare riguardo all'avere figli ed al perpetuare la stabilità della società; la gente giustifica la propria decisione di contrarre matrimonio con l'amore per il proprio partner.

Ma può la seconda concezione di matrimonio (che esso sia semplicemente un'amicizia unita al piacere sessuale) darci davvero cognizione del perchè il matrimonio sia importante? Non ci dà ragioni politiche per identificare perchè sia particolarmente da perseguire ai fini del bene comune.

La concezione di cui discuteremo oggi ha in sé, ritengo, aspetti di entrambe queste concezioni; essa deve molto, inoltre, a Giovanni Paolo II ed alla sua “Teologia del corpo”, e partirò infatti proprio da alcune citazioni del Papa, che ritengo ci faranno capire perchè il matrimonio sia un bene.

Ecco un passaggio in cui il Papa descrive l'unione degli sposi:

Il dono dello Spirito è un comandamento di vita per gli sposi cristiani ed allo stesso tempo è un impulso che stimola a tal punto che ogni giorno essi progrediscono verso una sempre più ricca unione tra di loro a tutti i livelli – del corpo, del carattere, del cuore, dell'intelligenza e della volontà, dell'anima – rivelando in questo modo alla Chiesa ed al mondo la nuova comunione d'amore, data dalla grazia di Cristo.

Ora, questa concezione sostiene che il matrimonio è un'unione “ a tutti i livelli”; ma Giovanni Paolo dice anche che gli uomini e le donne “nel matrimonio donano se stessi con un amore che è totale e quindi unico ed esclusivo”. Questa idea di “totalità” gioca un ruolo importante nella visione che il Papa ha dell'etica sessuale. Egli, per esempio, più avanti parla del “linguaggio contraddittorio” dell'uso della contraccezione del “non donarsi totalmente all'altro”, ed allo stesso tempo afferma che nel rapporto sessuale tra gli sposi il linguaggio del corpo “esprime il totale e reciproco dono di sé tra marito e moglie”.

Riassumendo, nella concezione del Papa, il matrimonio consta di un'unione a tutti i livelli e di un totale dono di sé degli sposi; ritengo che possiamo decrivere tutto ciò come una completa e reciproca condivisione di vite. Ed è questa la concezione di matrimonio di cui voglio parlare, cioè una completa, intera e reciproca condivisione di vite.

Ciò richiede qualche chiarimento: cosa significa “unione a tutti i livelli”? Cosa significa totale dono di sé? Risponderò a breve a queste domande. Ma prima voglio tornare indietro al tema del bene del matrimonio.

Esiste un bene diverso da quello del matrimonio, da quello che può riferirsi ad esso, ed è il bene dell'amicizia. Il desiderio reciproco del bene dell'altro è riconosciuto come bene in sé per sé da entrambe le parti coinvolte. Noi siamo arricchiti se abbiamo amici, ma ciò comporta un'attenzione al bene dell'altro, e non solo al nostro.

Ma le nostre amicizie sono limitate: quando stringiamo amicizia, quando abbiamo amici, non ci assumiamo un impegno totale per il bene dell'altro, non condividiamo tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo. Abbiamo molti amici, ed i limiti dell'amicizia corrispondono anche ai limiti dei nostri corpi; e non credo sia un male. Ma emerge con evidenza in noi il desiderio di un'unione diversa: c'è il desiderio dell'amicizia, ma vi è anche il desiderio di qualcosa di simile ad essa ma differente.

Abbiamo una tendenza naturale, chiamata desiderio erotico, verso un'unione totalizzante con l'altra persona. Il desiderio erotico è spesso caratterizzato, nella letteratura, come un desiderio di possesso, o di completa unità con l'altra persona; il desiderio erotico include in sé il desiderio sessuale, ma non credo che essi siano la stessa cosa. Chi è preso dal desiderio erotico desidera la totalità dell'altra persona.

Il desiderio erotico, così inteso, ci rimanda al bene del matrimonio come ad un bene diverso da quello dell'amicizia, ci orienta ad una relazione onnicomprensiva, lì dove il desiderio di amicizia è un desiderio sì di condivisione, ma non completa.

Perciò ritengo che dovremmo intendere il matrimonio come un bene umano fondamentale che è diverso nella sua desiderabilità dal bene dell'amicizia.

In che modo il sesso è correlato a questo bene? Ho detto prima che il desiderio erotico comprende il desiderio sessuale e dunque l'atto sessuale deve essere legato a questa natura totalizzante propria del bene del matrimonio. E questo sarà il prossimo passaggio della mia relazione.

Abbiamo visto il matrimonio come una completa e reciproca condivisione di vite, come qualcosa di desiderabile; ma dobbiamo vedere come questa unione può attuarsi a tutti i livelli e come possa essere considerata totale secondo le parole del Papa. Così il sesso ci aiuterà a comprendere tutto ciò.

Quando una coppia si sposa, è evidente che i due cercano un'unione, che sia un'unione di intenti, di volontà, una condivisione di caratteri comuni; ma questa forma di unione non va oltre l'amicizia.

In ogni caso è solo il sesso che può compiere questa unione, che può permettere quella forma di unione che differisce dall'amicizia.

Dal mio punto di vista, l'impegno degli sposi di condividere completamente e reciprocamente le proprie vite trova la propria realizzazione nell'atto del rapporto sessuale. Un atto in cui gli sposi sono uniti in modo fisico ed organico, così da diventare “un'unica carne”.

Nel rapporto sessuale, una funzione organica, per la quale ciascuno dei due sposi da solo sarebbe inadeguato, diventa possibile: questa funzione è quella della riproduzione. Ciascuno di noi respira autonomamente e digerisce autonomamente, ma non possiamo riprodurci da soli: solo l'unione sessuale permette questo. Perciò, nel momento in cui gli sposi sono uniti nel rapporto sessuale, essi diventano un unico organismo e così un'unica persona. E la totalità del loro impegno si estende così, fino in fondo, alla realtà fisica delle loro persone. Detto altrimenti, gli sposi diventano letteralmente un unico organismo nel rapporto sessuale. Ma tu ed io siamo organismi: dunque se c'è un organismo, c'è una persona. Gli sposi così, diventando un unico organismo, diventano un'unica persona.

Adesso guarderemo a due obiezioni mosse a questa idea, l'idea che la realizzazione del totale impegno passa attraverso il rapporto sessuale dal quale gli sposi sono uniti in una sola carne, e che così si realizzi il bene del matrimonio, il bene di un'unione totale.

Ma resta da capire il significato della parola totale. I sostenitori dell'obiezione ammettono che ci sia un'unione, ma non che questa sia totale. Uno dei filosofi in questione è John Finnis, con cui il mio lavoro ha molto a che fare, il quale obietta alle parole del Papa che il totale dono di sé è qualcosa di letteralmente impossibile. Io, invece, voglio dimostrare che il totale dono di sé è possibile, e lo farò a partire da due possibili diverse concezioni del “totale dono di sè”.

La prima è questa: l'impegno sponsale è totale ed implica il dono totale di sé perchè non c'è nulla in linea di principio che non sia condizionatamente riconducibile ad una lecita richiesta dell'altro sposo, ad una decisione condivisa o ad un permesso implicito. Facciamo un esempio: mia moglie è a casa coi bambini, mentre io sono qui a godermi la vostra ospitalità. Apparentemente non stiamo facendo un'esperienza di condivisione. Io godo dei benefici dell'essere in Italia, ma non sembra che sia lo stesso per lei. Ad ogni modo, tutto ciò che faccio è soggetto al suo permesso: se lei avesse detto “Non andare in Italia”, non sarei mai stato qui con voi. E poiché il mio bene è anche il suo bene, i benefici che ricevo io in Italia, sono anch'essi beni dell'unione sponsale. E lo stesso vale per i beni di cui lei fa esperienza a casa. Perciò c'è una condivisione totale, secondo il senso comune.

Quando uno si sposa, abbandona l'idea che una parte del proprio bene sia di sua totale appartenenza, e così vi è completa condivisione di questo bene.

Questa è una delle possibili interpretazioni dell'espressione del Papa “totale dono di sè”.

Ma c'è un'altra interpretazione, che è ancora più forte.

Ho detto che l'atto sessuale è la realizzazione dell'unione dei due sposi, nella maniera in cui esso implica la realizzazione condivisa dell'atto biologico, che da soli non potrebbero realizzare, diventando così un'unica carne, e dunque un solo organismo. Ora, ogni sposo è un organismo, proprio come ciascuno di noi; siamo anime, o menti, separate dalla nostra esistenza organica. San Tommaso, dice Finnis, nota che lo stesso sé che percepisce attraverso gli occhi e le orecchie,è lo stesso sé che comprende; ma la percezione è un atto corporeo, mentre la comprensione è un atto dell'intelletto, così la persona è un'unione di facoltà corporee ed intellettive.

Gli sposi dunque possono essere identificati, così come noi, con uno specifico organismo fisico. Io vado lì dove il mio corpo va: se andasse fuori dalla porta, allora anch'io andrei fuori. Ed io divento ciò che il mio organismo diventa. Così se il mio organismo diventa un unicum con un altro, ed essi diventano letteralmente un'unica carne, allora io divento un'unica carne con l'altro.

Ma la parola io non si riferisce solamente all'organismo, ma ad ogni aspetto di ciò che sono: non solo il mio corpo, ma anche la mia anima, la mia storia, le mie emozioni, il mio carattere, la mia interezza.

Dunque ritengo che diventando un'unica carne, l'intero di ciascuno sposo è portato in unione con quello dell'altro. Quest'unione sarebbe veramente una completa unione dei sé, una condivisione totale dei sé. Mi unirei alla mia sposa in un modo che è simile a quello in cui Cristo è presente nell'Eucarestia. E se questo è vero, c'è qualcosa che posso promettere al coniuge: posso promettere il dono totale di me stesso, posso promettere la totale condivisione della mia interezza. E questa promessa è realizzata, compiuta, nell'atto sessuale tra gli sposi.

Credo, perciò, che l'espressione del Papa “dono totale di sé” rifletta letteralmente la verità.

Andiamo alla seconda obiezione mossa a questa concezione di matrimonio.

L'unione degli sposi è resa possibile solo dal fatto che l'atto sessuale è finalizzato alla procreazione. La riproduzione è la funzione la cui comune realizzazione rende gli sposi un'unica cosa.

Ecco l'obiezione a questa concezione: se il matrimonio dipende dall'espletamento di questa funzione biologica, allora esso si basa troppo su un fatto meramente biologico. Perchè la riproduzione dovrebbe avere una tale rilevanza da determinare ciò che il matrimonio è e come esso diventa possibile? Io, dicono, sarei troppo legato a dei fatti biologici. Come può un'unione meramente biologica, il fatto che gli sposi diventano un'unica carne, avere una rilevanza politica?

Pensando a questo, vorrei ipotizzare la possibilità di una differente unione biologica e vedere che essa non ha lo stesso grado di rilevanza dell'unione matrimoniale. Come ho già detto, noi digeriamo autonomamente, non abbiamo bisogno dell'aiuto di nessuno. Ma supponiamo che all'età di trent'anni le persone diventino non autosufficienti per digerire e che se non ci si unisca ad un'altra persona non si potrebbe più digerire. E supponiamo anche che quest'unione digestiva sia piuttosto appagante.

Supponiamo ora che la società sviluppi un'istituzione per riconoscere le unioni digestive, anche in Italia. La domanda che dovremmo porci è: possono queste unioni avere lo stesso grado di importanza che i difensori della visione tradizionale del matrimonio attribuiscono a quest'ultimo, così come loro lo intendono, solo perchè implicano un'unione biologica degli sposi? Ancora, secondo me l'unione biologica degli sposi è molto importante; ma se essa fosse digestiva, avrebbe la stessa importanza? La risposta è no. Sarebbe ragionevole pensare che l'unione meramente biologica sia quella digestiva: sarebbe speciale, e se procurasse un piacere orgasmico le persone probabilmente sarebbero interessate. Ma non ci colpirebbe come la fondamentale forma delle relazioni umane: mentre le attività di digestione ci sostengono, e sono di chiara importanza per l'esistenza biologica delle persone, esse non sono veramente creative.

Di contro, l'unione biologica tra l'uomo e la donna nel rapporto coniugale non è solo ed anche necessaria per la sopravvivenza delle parti coinvolte; essa è piuttosto la realizzazione di una funzione biologica la quale, quando va a buon fine, introduce qualcosa di nuovo nel mondo. E non semplicemente una nuova cosa, ma una nuova persona.

La creatività che la riproduzione sessuale manifesta è veramente spettacolare. In due sensi: guardando indietro alle sue motivazioni, è una creatività che sgorga da un impegno reciproco che chiamiamo amore; l'amore è ciò che è stato descritto all'inizio del mio saggio come dono totale di sé: questo è l'amore. Ma amandosi l'un l'altro come si sono promessi, gli sposi realizzano una forma di creatività altrimenti impossibile. La creatività in questione implica la creazione di un tipo di essere la cui realtà è unicamente commensurata alla realtà dei due che si amano, cioè un'altra persona. Che i figli debbano essere il frutto di questo amore sponsale è dunque essenziale al significato dell'unione biologica, che è, dunque, in virtù delle sue origini e dei suoi fini, tutto meno che qualcosa di meramente biologico.

Guardando ad una prospettiva più ampia, il senso di questa unione va ben oltre gli interessi che le due parti hanno nella loro capacità creativa. Mentre l'unione digestiva manterrebbe in vita gli sposi, l'unione sessuale è responsabile della sopravvivenza della specie; e nella naturale sovrabbondanza dell'impegno di apertura alla nuova vita, c'è anche l'impegno a crescere ed educare i figli. C'è l'impegno di condurre i figli al punto in cui essi stessi saranno capaci di impegno,di socialità, ed infine di matrimonio e genitorialità. C'è l'impegno, in altre parole, di perpetuare le condizioni fondamentali necessarie non solo alla continuità della specie, ma anche alla continuità della civiltà.

Ed ovviamente questo è il motivo per cui lo Stato ha un ragionevole interesse nell'istituzionalizzare il matrimonio, che è certamente di importanza cruciale per il bene comune politico, così come per il bene comune personale degli sposi.

La desiderabilità dell'unione sessuale con l'altro è rivestita di un'importanza che nessun'altra unione meramente biologica possiede, per quanto importante tale unione possa essere rispetto a dei bisogni biologici dell'organismo. E la desiderabilità di quell'impegno e di quella unione non può essere separata dal tipo di fatti biologici in questione; la desiderabilità e la rilevanza dell'unione, e la sua fruttuosità nei figli, sono due facce della stessa medaglia che non possono essere separate se non a costo di danneggiare profondamente la natura della realtà che il matrimonio può, e dovrebbe, essere.


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